Quanto è bello vedere binomi in totale armonia, in cui il cavallo gira intorno al suo umano, senza nessuna corda a costringerlo? Le impennate che nascono da un cenno della mano, una galoppata a braccia aperte, un passage in collare… si chiama “lavoro in libertà”, ma i cavalli sono davvero liberi? La risposta in realtà è no, e prenderne atto ci renderà persone di cavalli più consapevoli e trasparenti.
Limitiamo la nostra visione dell’essere liberi o meno, alla presenza di finimenti; “quando non c’è condizionamento fisico, allora il cavallo SCEGLIE di stare con noi”; la narrazione che viene fatta è che questi tricks arrivino tramite una connessione, un’energia… nascano spontaneamente come una danza in un cartone Disney. La verità è che ciò che vediamo non è altro che ADDESTRAMENTO, che in questo caso fa affidamento solo sul condizionamento psicologico. Adesso, addestramento non è sinonimo di coercizione, è semplicemente la base del lavoro tra umano e cavallo. E non intendo tirarci dentro la sfera invece relazionale, che è tutta un’altra storia. Io posso insegnare, ad esempio, la jambette ad un cavallo che conosco da dieci minuti. Il fatto che lui mi risponda positivamente, eseguendo l’esercizio che gli ho insegnato senza nessun finimento, non implica che tra me e quel cavallo ci sia una connessione, un’amicizia… significa semplicemente che ha risposto ai principi di addestramento con relativi rinforzi e pressioni. In più, eccetto in alcuni casi (ma solo dopo un percorso di addestramento che abbia messo delle solide basi), tutto il lavoro in libertà viene svolto all’interno di una struttura recintata, senza stimoli, per cui il cavallo non ha altre opzioni se non stare con noi. Presa consapevolezza di questo, possiamo approfondire tantissimo: innanzitutto, come riconoscere la coercizione nel lavoro in libertà? Osservando i cavalli: imparando a leggerne le espressioni facciali, riconoscendone i segnali di stress.
Ci sono molti casi in cui la manipolazione psicologica che i cavalli ricevono è pazzesca; alcuni iniziano ad essere condizionati fin da piccoli, anche per mezzo di costrizioni fisiche. Entriamo nel tema dell’impotenza appresa, e per spiegarvela, userò un esempio: in diverse culture, circhi o falsi santuari, è comune addestrare gli elefanti; e in molti casi, questi vivono legati per uno dei loro arti ad una corda. L’elefante, considerata la sua immensa forza, potrebbe facilmente rompere la corda che lo tiene prigioniero. Ma perché non ci prova nemmeno? Semplicemente ha imparato da cucciolo, quando era fisicamente troppo piccolo per riuscire a romperla, che tutti i suoi tentativi di liberarsi erano vani. Ha appreso l’impossibilità di uscire da quella determinata situazione . Questo può accadere anche con i cavalli; per esempio, ci sono casi in cui fin da giovani vengono usate corde che impongono al cavallo di rimanere con una posizione rilevata dell’incollatura, e queste vengono lasciate al cavallo per ore e ore, per lunghi periodi, finché non comincia ad assumere quella determinata posizione anche quando le corde non sono presenti. Spesso, strumenti ausiliari, non sono nemmeno necessari, e i cavalli apprendono che se non eseguono determinati esercizi, le conseguenze sono molto violente. Vivono quindi nell’ansia e nella paura di eseguire un esercizio dopo l’altro per non ricevere punizioni. Questo tipo di lavoro uccide un cavallo psicologicamente, ed è un abuso molto più forte di una frustata o di un tirone in bocca (cose ovviamente non giustificabili ma specifico sempre perché qualcuno poi magari pensa che io sia pro agli abusi fisici…).
Ma si può fare lavoro in libertà anche in modo non coercitivo? Assolutamente si! E questo può avvenire solo nel momento in cui si conoscono i meccanismi di apprendimento del cavallo e l’uso corretto di rinforzi e pressioni. Non avendo interesse nel fare spettacoli o ad avere un cavallo sempre pronto a rispondere a comandi che non siano comandi di sicurezza, mi piace moltissimo fare gli esercizi nel mio giardino, in cui il cavallo può semplicemente abbassarsi a mangiare l’erba quando perde interesse, e non riceve nessuna punizione per questo.
Quindi il lavoro in libertà ai cavalli non piace? Dipende, se fatto correttamente e motivando il cavallo con qualcosa che a lui piace, facendo pause e creando attività che consolidano le sue predisposizioni, certo che si! Difficilmente sarà contento di fare lunghe sessioni, molte ripetizioni e lavorare in contesti stressanti; ma è tutto estremamente soggettivo e dipende sia dal cavallo che dall’addestratore.
Quindi adesso, iniziate a fare caso a ciò che vedete. Non date importanza ai costumi, ai brillantini e alla musica degli spettacoli equestri o dei reels su Instagram, osservate i cavalli. Loro hanno la verità.
articolo stupendo, blog assolutamente consigliato a tutti. veramente veramente interessante e pieno di spunti interessanti, facile a livello di comprensione ma comunque significativo e preciso 💕
Grazie davvero!!!🥹🙏
Semplicemente complimenti! Spiegazione molto lineare e argomento interessante spiegato bene!
Grazie!!!
Mi interrogavo su questo argomento proprio poco tempo fa dopo aver visto uno “spettacolo equestre”. Non riuscivo a fare a meno di interrogarmi su quanto “addestramento” e quanta finta libertà ci siano dietro a questo show.
Questo articolo è bellissimo l’esempio dell’elefante fa riflettere molto.
Complimenti Flami 😍❤️